Lettera aperta di un architetto romano

Approfittando dell’ospitalità offertami da Europaconcorsi, che qui pubblicamente ringrazio, ho aperto ARCHIWATCH, un luogo di discussione (pare che oggi si dica Blog) per consentire a tutti di discutere di Architettura portando un proprio contributo.

Oggi, l’occasione contingente ci è offerta dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma.

Rovistando tra i vecchi file ho trovato il testo di un volantino di qualche anno fa … gli argomenti sono più o meno sempre gli stessi …

Siamo tutti più o meno insoddisfatti dell’immagine che l’Ordine degli Architetti ha dato nel recente passato e continua ancora a offrire rispetto al ruolo e al significato della professione; tutti crediamo ancora nei valori etici, sociali, tecnici e culturali del nostro lavoro, ma sempre più raramente troviamo riscontri concreti che ci confortino in tal senso …
Gli architetti si devono riappropriare dell’Architettura, è un loro diritto e un loro dovere e allo stesso tempo l’architettura deve ritrovare una sua dignità e un suo ruolo civile …
Tutti vorremmo farla finita con le contiguità politiche, ideologiche e amministrative che contaminano e devastano il prestigio della professione di architetto …
Tutti vorremmo chiudere con la subalternità degli architetti alla prepotenza dello Star System casareccio e di importazione, ai monopoli politici, mediatici, accademici e imprenditoriali, ma soprattutto vorremmo rompere con il basso profilo e con la irrilevante, decorativa e servizievole presenza dell’Ordine romano sulla scena cittadina e nazionale …
Una società civile degna di questo nome ha bisogno di un Ordine rispettato, partecipato e trasparente a tutti i livelli, un Ordine al servizio degli Architetti e dell’Architettura …

Tutto vero, oggi come ieri. Parole che tutti possono sottoscrivere e che in fondo fanno un po’ parte di tutti i programmi elettorali …

ma poi, quello che conta, sono le persone con le loro storie personali …

Quindi due parole al Presidente uscente che, evidentemente, non può dirsi del tutto estraneo allo stato attuale delle cose, ma che si ripropone ancora, fiducioso nell’assenteismo di massa della categoria che rappresenta e che ha manovrato fin qui con astuzia e accorta tempestività per gestire senza scosse l’ennesima immobile transizione.
Caro Amedeo, perché ci hai comunicato tempi e regole di queste elezioni nei modi che tutti abbiamo potuto apprezzare e così a ridosso delle scadenze, quasi a dire non fate la fatica di candidarvi e se votate in pochi, anzi se non votate affatto, è meglio per tutti? Perché hai sentito il bisogno di schierare alle spalle delle tua lista quell’imbarazzante listone di protezione che sembra fatto con le fotocopie dell’Albo costringendo ad una specie di voto palese centinaia di colleghi “aderenti” che forse non sapevano nemmeno dell’esitenza di altre candidature? Forse hai scambiato la Casa comune degli Architetti romani per una cosa tua personale da gestire sul modello della politica corrente alla quale sei evidentemente predisposto?
Perché tanto accanimento?
A noi, poveri architetti romani, lascia almeno il diritto di scegliere da chi essere “governati”.
Se chiediamo troppo, faccelo sapere, magari, questa volta, in tempo.

G.M.

  • Giorgio Muratore è candidato della lista Democrazia Urbana per le prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma. Maggiori informazioni su: www.democraziaurbana.it
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30 risposte a Lettera aperta di un architetto romano

  1. Massimo Russo ha detto:

    Caro Professore, mi permetta di darLe il benvenuto nella “Blogosfera”. Neologismo col quale si indica l’universo dei bloggers di cui Lei è entrato a far parte. Amenità a parte, Le confesso di aver pensato spesso che il “diario personale” online, come viene – a mio avviso un po’ banalizzandone le potenzialità – definito, straordinario strumento di libertà di espressione che sta cambiando i rapporti tra il “potere” e i cittadini, tra le multinazionali e i loro clienti, che sta condizionando e ridefinendo il ruolo dei media “ufficiali” ( quasi ? ) sempre vincolati da obblighi e angusti spazi di movimento, Le sarebbe stato congeniale. Per il tipo di attività, per il tenore degli interventi a cui in questi anni ha abituato chi ha avuto occasione di seguirLa.
    Chissà forse la Sua iniziativa darà una scossa al mondo dell’architettura delle Università. Chi ha qualcosa da dire o desidera non demandare ad altri l’espressione dei propri convincimenti dovrebbe dotarsene; e divenire un nodo della rete per generare, accanto alla “informazione” ufficiale, una sorta di contro informazione o “altra” informazione. O più semplicemente di ulteriore informazione. Sempre e comunque, a mio avviso, preziosa.

    La seguirò con attenzione e curiosità.
    Un saluto cordiale.

    Massimo Russo
    http://www.estmodusinrebus.com

  2. Giovanni Ferrari ha detto:

    Sono veramente grato per questa occasione di discutere delle elezioni per il rinnovo del consiglio degli architetti di Roma.

    Finalmente si entra nel vivo!

    Sottoscrivo in pieno la voglia di un “Ordine rispettato, partecipato, e trasparente a tutti i livelli”

    Anche a me pare che l’Ordine abbia spesso in passato dato di se un’immagine torbida (basta ricordare la grottesca vicenda dell’Ordinanza cautelare del Tribunale di Roma contro agendaconcorsi)

    Ma vorrei suggerire un altro tema che a me personalmente sembra scandaloso:

    Abbiamo “La Casa dell’Architettura”, uno spazio stupendo nel cuore di Roma, nel centro dell’Europa e del Mediterraneo, uno spazio che potrebbe diventare fondamentale per la cultura architettonica contemporanea e dare una scossa alla sopita architettura romana e cosa ci facciamo?

    Niente. Assolutamente niente.
    Perchè?

  3. Francesco Giordano ha detto:

    Egregio Professore (apprendo che Lei è un professore dai commentio precedenti),
    sono lieto e grato anche a nome di tutti i miei colleghi under 40 che si sentono poco rappresentati dai direttivi degli ordini professionali, per aver letto queste poche righe che denunciano di fatto la situazione delgi ordini professionali in Italia, sia pure con riferimento diretto all’Ordine degli Architetti di Roma. Posso assicurarLa che la situazione è molto simile in tutta Italia perchè ho dato un’occhiata al sito del Consiglio nazionale nel link riferito ai documenti trasmessi dalgi ordini provinciali per le elezioni. Tutti hanno trasmesso rawentando i termini di legge (sarà un costume in Italia?).
    Personalmente, con altri tre colleghi, ci siamo candidati outsider in contrasto con una lista blindata dei consiglieri uscenti incrementata di altri sei componenti. Il commento dei colleghi è stato dicotomico: da una parte coloro che ritenegono che l’Ordine sia una cosa da gestire con sapienza e che solo con l’esperienza si può fare ciò, quindi vota chi già c’è e non ti preoccupare che a te ci penziamo noi… dall’altra chi ritiene che il ricambio e la trasparenza siano fondamentali per la crescita della professione. quindi estrema solidarietà da un architetto, candidato in un Ordine di Provincia…

  4. Lloyd Marcus Andresen (Archiwatch-staff) ha detto:

    Abbiamo eliminato un paio di commenti dal blog perchè non firmati o firmati con nomi chiaramente falsi.

    Ci dispiace perchè si tratta in certi casi di messaggi interessanti, che potrebbero far nascere accesi dibattiti, ma non vogliamo far degenerare la discussione in una bagarre di delatori che non hanno il coraggio di firmare i propri messaggi.

    Se avete delle idee e qualcosa da dire non temete di firmarle con il vostro vero nome!

  5. Maria Cristina Sorvillo ha detto:

    Caro Prof.,
    siamo in piena campagna elettorale e si dicono un sacco di cose. Dò per scontato che perlopiù tutte e due le liste abbiano a cuore il destino dell’ordine degli architetti di Roma, la differenza si gioca in quel limite minimo che esiste tra il curare gli interessi di tutti e i propri. Come in tutte le campagne elettorali è sempre più facile per chi si candida per la prima volta ad un ruolo mostrarsi (ovvviamente) critico nei confronti dell’Amministrazione uscente e mostrarsi prodigo di nuove iniziative.

    Il potente strumento mediatico del sito internet e del blog è sicuramente efficace e risponde in tempo reale a quesiti e domande che tutti noi iscritti abbiamo ma che, forse per mancanza di fiducia nelle risposte e non certo per assenteismo, stentiamo a formulare.

    Mi piacerebbe un confronto all’americana tra i due candidati. Dove apertamente e senza nascondersi dietro “la rete” si discutessero direttamente i temi che a tutti noi stanno a cuore, perchè credo che in quest’era mediatica l’unica vera forma di comunicazione sia quella diretta, dove lo scontro si fà più vero e vengono giù le maschere….se ci sono.

    Riguardo alla presunta torbidezza dell’ ordine l’episodio da citato dal mio collega (vicenda dell’Ordinanza cautelare del Tribunale di Roma contro agendaconcorsi) vede coinvolta una esponente della vostra lista (Arch. Paola Rossi) e forse è bene che a questo proposito sia definitivamente chiarito cosa è realmente accaduto dai diretti interessati, dal momento che siamo tutti relamente interessati alla trasparenza….presente e soprattutto futura.

    Chiudo con una considerazione: ho visitato il sito di democrazia urbana e le liste dei referenti al decentramento ed ho avuto esattamente la tua stessa sensazione. Rivolgo quindi una domanda alla lista di democrazia urbana: come mai tutto quell’elenco di colleghi a riferimento del vostro programma elettorale? Addirittura uno per municipio/ambito, peccato però che non fosse stato richiesto l’esplicito assenso dei diretti interessati alla pubblicazione dei loro nomi…..non sarà per caso uno “specchietto delle allodole” per promettere ruoli futuri (??) e assicurarsi un pò di voti?

    Per par condicio dò l’informativa generale sui siti relativi alle due liste candidate all’ordine di Roma:

    http://www.dirittoarchitettura.it
    http://www.democraziaurbana.it

    Grazie cmq per la possibilità che avete dato di esprimere le nostre opinioni in questo spazio e….buona campagna a tutti!!

  6. Paolo Viola ha detto:

    Caro Muratore,
    se può darti una piccola consolazione, le stesse identiche parole potrebbero essere indirizzate all’Ordine di Milano ed al suo presidente da uno qualsiasi dei 12.000 (dodicimila) ingegneri iscritti; ti colpirà sapere che il consigliere segretario dell’Ordine (la persona che ha sicuramente più potere) è sempre lo stesso da 33 (trentatre!) anni ed in questo momento è ancora una volta candidato!
    Sono convinto che potremo cambiare gli Ordini solo quando avremo un forte Sindacato dei Liberi Professionisti, ed è per questo che sono socio di InArSind (ex SNILPI) ora diventato sindacato di Ingegneri ed Architetti.
    Facciamo crescere il Sindacato e facciamolo diventare tanto forte da potersi misurare con gli Ordini, ma sopratutto per trasferirgli il compito della reale tutela e della crescita culturale e sociale della professione, che gli Ordini non vogliono o non possono fare.
    Buona fortuna
    Paolo Viola

  7. Lloyd Marcus Andresen (Archiwatch-staff) ha detto:

    Cara Maria Cristina Sorvillo, (grazie per aver finalmente firmato il tuo commento)
    rispondo subito al tuo invito (… forse è bene che a questo proposito sia definitivamente chiarito cosa è realmente accaduto dai diretti interessati…)

    Per saperne di più sulla vicenda che ha portato il nome degli architetti romani nelle aule del tribunale puoi leggere un articolo di Clarida Salvatori su Repubblica del 26.04.2005 (Cronaca di Roma) dal titolo: Ordine Architetti diffidato: copiava un sito concorrente

    oppure direttamente il testo integrale dell’ordinanza cautelare provvisoria che il giudice Oronzo De Masi ha pronunciato il 22.12.2004.

  8. Stefano Santarossa ha detto:

    Pubblico il testo della lettera inviata agli ingegneri di Pordenone che riportano le mie posizioni sugli ordini professionali in Italia.

    Elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli ingegneri di Pordenone

    Caro collega,

    le scrivo per informarla che ho deciso di candidarmi per il consiglio dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Pordenone. Ritengo che in una fase in cui entriamo nel mercato europeo dei servizi di ingegneria sia necessaria una “radicale” riforma degli ordini professionali e una netta inversione di tendenza rispetto alla posizione corporativa di difesa del nostro “cortile”.

    LA SITUAZIONE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI IN ITALIA

    I mestieri in Italia sono ancora dei feudi, che si passano di padre in figlio, in questo modo vengono penalizzati i giovani neolaureati, costretti a superare esami di Stato controllati dagli ordini professionali, che hanno tutto l’interesse a bloccare l’ingresso a nuovi competitori nel mercato del lavoro.
    Gli ordini non soltanto impediscono l’ingresso ai più giovani, ma condizionano il mercato, favorendo comportamenti privati anticompetitivi, il tutto a scapito dei consumatori, che pagano prezzi più alti per servizi peggiori.
    Per questo ritengo che vada rimossa ogni restrizione concorrenziale che determini barriere a monte o a valle del percorso professionale. Ricordo come l’entrata alle cosiddette libere professioni, regolata da ordini e albi, sia soprattutto per i giovani una corsa ad ostacoli ricca di gravi umiliazioni.
    Gli attuali vincoli difendono coloro che sono già inseriti nel mondo del lavoro dalla concorrenza garantendo a costoro confortevoli posizioni di rendita . Non ho mai sentito i rappresentanti del Cup e dei vari ordini professionali prendere le difese di chi sta fuori dal mercato, delle migliaia di giovani neolaureati, “praticanti” in attesa dell’accesso all’Ordine, che pagano le conseguenze di un sistema rigido e burocratico.
    La pretesa degli ordini di mantenere tale sistema protezionista verrà smantellato quando tutti i professionisti, ovunque residenti nella comunità europea, potranno svolgere anche in Italia la propria attività.

    LA PAROLA D’ORDINE E’ LIBERALIZZARE IL MERCATO

    Un programma per la liberalizzazione del mondo delle libere professioni non potrà che prevedere l’abolizione degli ordini professionali con il superamento delle tariffe obbligatorie per legge (minime e massime), l’abolizione del divieto di pubblicita’ e l’equiparazione fra attivita’ professionale e attivita’ di impresa.
    In realtà sono in molti a temere il confronto con un mercato più vasto a partire dai presidenti di tutti gli ordini professionali, provinciali, regionali e nazionali, terrorizzati di perdere i loro piccoli privilegi e rendite. L’atteggiamento dei partiti politici su questo tema è uguale a destra e a sinistra.
    A costoro, nemici delle liberalizzazioni economiche, vorrei ricordare una citazione del premio nobel per l’economia, Friedrich A. von Hayek . “La competizione è il terrore di tutti i conservatori – conservatori di destra, di centro e di sinistra. Uno dei tratti fondamentali dell’atteggiamento conservatore è il timore del cambiamento. ”

    Su questo programma, le chiedo se lo vorrà, di accordarmi la sua fiducia votandomi per permettere che all’interno del prossimo Consiglio sia presente una spinta riformatrice.

    Ringrazio per l’attenzione.

    Cordiali saluti

    Ing. Stefano Santarossa

    info:
    http://www.radicalifriulani.it

  9. Fausto Ferrara Granai ha detto:

    Carissimo Giorgio Muratore,

    Sono estremamente lieto di apprendere della tua candidatura.

    Più che un commento vorrei porti una domanda.
    Da quando esistono gli ordini, in Italia, l’architettura è migliorata nel nostro paese?
    Capisco che tale domanda possa essere provocatoria ma voglio solo riferirmi a quello che un vecchio e intelligente architetto, quale Bruno Zevi era, affermava parecchi anni fa.
    Oggi la professione dell’architetto, come ieri e spero non domani è e continua ad essere svolta da degli esseri ibridi, che si collocano tra l’ingegnere e l’artista; se continueremo a parlare di professione, di ordini e non del valore umano, sociale, psicologico e filosofico del nostro lavoro, poco, credo molto poco, potremmo ottenere. E qui giungo alla mia successiva domanda.
    E’ vero che per fare buona architettura, si deve avere una laurea ed essere iscritti ad un ordine?
    Potrei, rispondere alla domanda, citando solo alcuni illustri nomi, ma io credo che tu più di me sai bene di cosa stia parlando.

    F.F.G.

  10. Riccardo Picciafuoco ha detto:

    Caro Giorgio Muratori,
    finalmente qualcuno che ha il coraggio e la voglia di dare uno “scossone” al sistema trito e consolidato degli Ordini “ordinati e coperti”..
    Anche dalle mie parti la musica è più o meno la stessa ed anch’io ho deciso di uscire allo scoperto dopo molti, forse troppi, anni di disimpegno dalle attività istituzionali.
    Credo nella voglia di trasparenza e forte rinnovamento dei giovani architetti che ho voluto nella mia lista; credo nel rinnovato entusiasmo di alcuni colleghi “anziani” che non sopportano più l’attuale basso profilo.
    E’ proprio vero, i cambiamenti corrono sulle gambe (o meglio sulle teste) di uomini e donne che si impegnano senza cercare necessariamente tornaconti personali o di gruppo.
    In bocca alla..Lupa quindi e buon lavoro!!

  11. Enrico Bertoletti ha detto:

    Caro collega,
    condivido pienamente le parole di apertura che oggi leggo sulla prima pagina (home page, per gli addetti ai lavori) del tuo blog.
    Vorrei aggiungere che il principio di rete decentrata andrebbe denunciato più apertamente con la sua vera identità e cioè quella di pluricentralità: l’unico mezzo che – a mio avviso – permetta una condivisione e conoscenza reciproca fra colleghi, ristabilendo l’ormai perduta forza del corporativismo. Nonostante l’aumentata capacità di comunicazione (internet, televisione, telefonia ecc.) dei nostri tempi, gli architetti – a causa dell’esponenziale aumento – non condividono più i fondamenti dell’Ordine fra di loro e sono man mano diventati degli individualisti. Questo è confermato (e chiaramente riscontrabile) anche dalla continua disapplicazione – da parte di noi tutti – delle leggi che regolano la tariffa professionale, in una guerra tra poveri. Parole queste che ho voluto aggiungere sul mio programma (sono candidato a Torino).
    Insomma per riprenderci un po’ di potere è necessario credere prima di tutto in noi stessi, ricuperando la fiducia nella parola COLLEGA.

  12. Aldo Sardoni ha detto:

    Caro Professore, sono contento di ritrovarla dopo tanti anni (mi sono laureato con Lei e con Franco Purini nel 1992) ancora nelle battaglie e ancora, se possibile, più agguerrito di allora.
    CONTINUI COSI’ dia voce alle migliaia di architetti che condividono quanto afferma sull’Ordine di Roma che è comunque quello che accade in tutti gli Ordini degli architetti d’Italia.
    La domanda che mi sono sempre posto, fin dagli inizi, dal 1° giorno di iscrizione: ma a cosa servono realmente gli ordini professionali degli architetti?.
    Non dite ad aiutare i professionisti in difficoltà, magari con il pagamento delle parcelle, perchè personalmente potrei citare numerosi esempi di casi in cui “non è stato possibile fare niente”. Credo che tanti miei colleghi possano dire altrettanto.
    Allora propongo di abolirli e di lasciare maggiore libertà. Esistono gia numerose norme e leggi che sono in grado di normare la professione, oltre al buon senso ed alle leggi di mercato ovviamente.
    saluti e ancora complimenti per la forza delle Sue posizioni.
    Aldo Sardoni
    http://www.sardoniarchitetti.org

  13. Alessio Bonetti ha detto:

    SUPER PROGRAMMI

    Sono un giovane Architetto,
    Non mi lamento mai!!
    ….
    Molte cose da dire.
    Molto ragionato in privato.
    Molte medaglie di argento e bonzo ai concorsi.
    Molti sforzi per divulgare una “cultura” dell’Architettura. (Mostre ecc..)
    Molte ore di lavoro all’anno
    Molti tentativi di collaborare con colleghi, enti, imprese, privati, ecc…
    e molto ancora!

    Ma riscontro:
    Poca stima (in Italaia) nel titolo “Arch.”
    Poca collaborazione dai colleghi.
    Poco interesse per l’architettura. (Molto per l’Edilizia)
    Poco impegno
    Poca Fiducia verso i giovani architetti italiani (Perfettamente in grado di progettare opere come il MAXXI, l’Ara Pacis o Tor tre teste—per restare a Roma). Troppo spesso denominati “ARCHITETTINI”
    Poca STIMA VERSO I GIOVANI IN GENERALE!

    Alle prossime elezioni sarà il caso di presentare una lista UNDER 35! …e io sarà troppo vecchio e spero che gli ordini siano già spariti
    GRAZIE PER L’OCCASIONE

  14. Valerio Preci ha detto:

    Questioni concrete.

    Perché la qualità della committenza ha un livello così basso?
    Perché generalmente la domanda di progettazione si limita alla tecnicizzazione grafica per le imprese e per le pratiche edilizie?
    Perché i committenti non hanno la percezione che la progettazione è un plusvalore che può non solo migliorare la qualità degli spazi, ma anche aumentare il valore venale del bene immobile?
    Perché la parcella dell’architetto è sempre messa in discussione e, per essere corrisposta, richiede tempi estenuanti e un lavoro di “recupero credito” praticamente pari a quello necessario per la conduzione dell’incarico?

    Perché i concorsi di architettura sono così poco amati dalle Amministrazioni pubbliche italiane?
    Perché troppo spesso all’assegnazione non segue la realizzazione?
    Perché i concorsi internazionali di progettazione sono appannaggio monopolistico di un numero esiguo di gruppi, permutabili tra loro?
    Perché la Legge Merloni ha burocratizzato e sbriciolato la cultura del progetto riducendola ad un ammasso di categorie OG 1 etc.?
    Perché non elaborare procedure innovative (p.e. bandi francesi) nella selezione dei partecipanti ai concorsi e nell’assegnazione degli incarichi?

    Perché per la formazione di nuovi studi di progettazione non è previsto un tutoraggio del tipo di quello offerto dai BIC alle nuove imprese?

    Perché di questi -e ancora altri- problemi reali non si parla, se non privatamente?
    Perché non trasformare l’elezione del Consiglio dell’Ordine nell’occasione di discussione pubblica di questi temi e dei modi di affrontarli?

    Valerio Preci
    Roma

  15. Ovidio Sbrissa ha detto:

    Caro Muratore,

    I was stunned to read your letter! I’m a Canadian architect who has just been nominated to run for council position in our upcomming council elections of our Provincial Association of Architects, and to submit my willing candidacy, I had to write a position paper two weeks ago. To my surprise the comments I make are exactly like the ones you state. We in Ontario have the same political problems with our self-governance it seems!. However, we are in this dilemna because our Architect’s Act does not have a proper definition of “Architecture” and the “Practice of Architecture”. This is not the case with you Italians. So, something is politically a bit more serious in your back-yard than ours. I wish you great success and I will use your letter to support my views and oppinions, since they are the same.

    Arch. Ovidio Sbrissa
    Ottawa, Ontario, Canada

  16. PIETRO MARINO ha detto:

    Gent.mo Arch.Muratori,
    la cosa piu’ grave a mio avviso, è quella che per leggere qualcosa di interessante che interessa (spero !) ormai, la stragrande maggioranza degli iscritti agli Ordini degli Architetti, si sia costretti a spulciare un “blog” su internet!
    Una cosa è certa, non risolviamo i problemi degli architetti italiani con l’abolizione o con la “conquista” delle roccaforti ordinistiche!
    Secondo me la questione è squisitamente politica (nell’ accezione piu’ ampia del termine).
    Fino a quando gli incarichi professionali saranno gestiti ” intuito personae”.
    Fino a quando i concorsi di progettazione non saranno gestiti in maniera piu’ efficiente, trasparente, od esclusivamente meritocratica.
    Fino a quando le Facoltà di Architettura precluderanno l’accesso alle menti piu’ brillanti e talentuose non ossequianti o sottomesse.
    Fino a quando i nostri politici investiranno sulle firme straniere piu’ famose.
    Fino a quando prevarrà l’aspetto mercantile sulla qualità del progetto.
    Fino a quando i migliori saranno costretti ad espatriare per realizzarsi.
    Fino a quando le migliori energie saranno mortificate, represse ed emarginate dal sistema.
    Fino a quando prevarranno “le consuetudini” sul rispetto della legalità.
    Cari amici , non avremo in questo paese, una vera ARCHITETTURA.

  17. Ugo Terzi ha detto:

    Salve,
    sono un iscritto all’Ordine di Milano.
    Laureato da nove anni.
    In nove anni, in Italia, avrò incontrato due, massimo tre clienti che ambivano ad essere guidati e ispirati dal loro “architetto”. Moltissimi coloro che ne avevano poca o nulla considerazione. Peggio ancora per le imprese costruttrici di volta in volta chiamate a “ingegnerizzare” i progetti cartacei.
    Siamo sicuri che le colpe siano tutte esterne?
    Da nove anni combatto per difendere la dignità del mio titolo.
    “Combattere” non è un eufemismo. E la cosa sembra funzionare.
    Cordiali saluti a colleghi e non.

  18. Alberto Bertolini ha detto:

    Egr. prof. Muratore, egregi architetti di tutta Italia,
    Sono un candidato fresco fresco (mai fatto prima) per l’Ordine degli Architetti di Varese. Anche qui nel profondo nord tutto si sta facendo con una ambiguità totale, i rappresentanti del Consiglio uscente presiedono al completo il tavolo con l’urna e fanno consulenza a tutti quelli che entrano e non sanno chi votare, dal piano di sopra chiamano al telefono tutti gli iscritti riluttanti o gli smemorati che non sono ancora venuti a votare(temono che non si raggiunga il quorum). Il Presidente della Consulta degli Architetti Lombardi, Arch. Stefano Castiglioni, consigliere uscente, mi ha detto molto tranquillamente che queste elezioni indette così all’improvviso serviranno per mantenere lo status quo degli ordini esistenti! Quei pochi che sono riusciti a candidarsi e hanno in mente liste alternative non riusciranno a ottenere molti voti. .E’ stata una scelta politica del Consiglio Nazionale. E’ un gran brutto momento per la nostra professione. Dovrebbe accadere un miracolo affinchè ci sia un ribaltamento della situazione, altrimenti non ci resta che piangere.

  19. Luigi Caruso ha detto:

    Caro Giorogio Muratore,
    Non conosco lo stato delle cose percio’ non oso entrare in merito al caso specifico;
    I problemi dell’ordine degli architetti di Roma sono probabilmente gli stessi del resto degli ordini d’Italia. Qual’è il suo progetto per l’Ordine degli architetti di Roma e come pensa di realizzarlo?

    grazie
    Cordiali saluti

  20. alessio lenzarini ha detto:

    Prescindendo dalle tautologiche lamentatio sulla correttezza ‘politica’ della gestione di un Ordine (ovvio che chi occupa una posizione di potere dovrebbe gestirla per l’interesse pubblico e non privato: talmente ovvio che, purtroppo, parlarne significa denunciare un abuso gravissimo ma non sviluppare un tema di dibattito interessante…), mi sorge spontanea una domanda: se si verificasse una gestione dell’Ordine aperta e democratica, con continui sondaggi partecipativi per comprendere le aspettative e gli obiettivi degli iscritti e possibilmente attuarli, cosa succederebbe? In linea di principio sarebbe straordinario, ma siamo sicuri che in pratica si farebbero davvero passi avanti nella diffusione di una cultura architettonica più alta? Personalmente sono poco portato ad occuparmi delle vicende inerenti il mio Ordine di appartenenza (Bologna) ed ammetto che si tratta di un mio limite attitudinale; credo invece di essere più portato a verificare la realtà professionale che mi circonda, il mondo delle idee dei miei colleghi, per conoscenza diretta o indiretta, e l’impressione che me ne viene è quasi sempre sconfortante. Faccio un discorso necessariamente un po’ qualunquista, me ne rendo conto, perché non possiedo alcun supporto statistico o similare che mi testimoni effettivamente il pensiero degli architetti italiani, ma la mia opinione è che alla fin fine abbiamo gli Ordini che ci meritiamo: la pigrizia che viene imputata agli Ordini (il poco coraggio, la carenza di idee etc etc) mi sembra palesemente figlia della pigrizia degli iscritti agli Ordini. Faccio un esempio concreto: la benemerita Commissione Edilizia. Il mio parere soggettivo (della cui peculiarità soggettiva tuttavia non finirò mai di stupirmi) è che la benemerita CE sia null’altro che un assurdo e anticostituzionale strumento di censura, di palese repressione della libertà di espressione: non entro nel merito di quale espressione (stile, corrente, pensiero) ma dico semplicemente ‘espressione’. Se in qualunque altra forma d’arte esistesse un organo ufficiale deputato unicamente alla censura estetica, credo che avremmo quotidianamente intellettuali di varia estrazione incatenati in piazza per protestare. In Architettura sembra normale. Talmente normale che non sento mai nessun architetto, nella chiacchierata al bar o nel dibattito pubblico, lamentarsi di questo scandalo culturale. Totale silenzio sull’argomento, nessuno pare preoccupato. Addirittura, conosco colleghi che sostengono che in fondo una sua utilità di ‘vaglio’, di ‘filtro’, la CE la svolge, perché ‘altrimenti si potrebbe costruire qualunque cosa’. Mi viene da pensare che se gli architetti italiani non si preoccupano della loro libertà di espressione, evidentemente non gli interessi molto la sfera espressiva o siano comunque da tempo rassegnati a non prenderla in considerazione. Il discorso sulla CE potrebbe diventare abbastanza lungo, ma volevo solo portare un esempio, dal mio punto di vista talmente lampante da risultare quasi banale: in Emilia-Romagna abbiamo una Legge Regionale che ha dato la possibilità ai comuni di mantenere in vigore la CE solo nei casi di interesse storico o paesaggistico: ovviamente quasi nessun comune ha sfruttato questa occasione bensì tutti hanno deliberato per mantenere la CE in vigore tale e quale (anzi, per una stortura della Legge, la CE è diventata in molti casi anche più invasiva, perché ha finito per inglobare anche quei casi di DIA riguardanti interventi esterni, vanificando di fatto la superDIA Lunardi). Non ho mai sentito un collega emiliano-romagnolo lamentarsi allibito di questo fatto! Mai! L’esempio della CE è solo un esempio fra i tanti, ma mi sembra particolarmente significativo perché non investe idee specifiche, peculiari, ‘di parte’, bensì investe il sostrato più intimo della professione di architetto intesa anche e soprattutto come pratica artistica: la libertà d’espressione.

    mi scuso con quanti riterranno che sia andato troppo fuori tema

    buona giornata a tutti

  21. Paola Rossi ha detto:

    Rispondo a Maria Cristina Sorvillo:
    Non ho mai avuto nulla a che fare con l’”Agendaconcorsi” e leggo con sorpresa ed indignazione il mio nome in riferimento ad una vicenda giudiziaria che mi è del tutto estranea. Ritengo indispensabile una tempestiva e civile smentita da parte della collega, evidentemente raggiunta da una cattiva e malevola informazione, se non addirittura “diffamazione”. Il mio lavoro nell’ambito dell’ordine professionale è sempre stato dedicato all’”Areaconcorsi”, di questo vado fiera e ne rispondo pienamente. Chi volesse maggiori informazioni può leggere la mia lettera aperta Areaconcorsi: un bilancio, nuove prospettive.

  22. Sandro Ranellucci ha detto:

    Purtroppo ho il difetto d’essere tremendamente gretto, lo sono sempre stato. Così non mi sono commosso per niente quando il Presidente dell’ordine mi ha inviato il cartoncino definito “pergamena” con i complimenti per i miei trent’anni di iscrizione. Né sono sensibile ad alcuna patetica politica a favore dei giovani nella professione.Un argomento che non mi commuove. Né ho mai trovato utili le pagine sensuose della rivista paraculturale che pago con la mia iscrizione. Benedetta grettezza! Non riesco a liberarmene. Né ritengo di dover dare un voto di conferma al consiglio che non ha mai risposto alla raccomandata con la quale denunciavo la violazione deontologica di un collega subentrato nel mio incarico mentre era in vigore. Che gretto che sono! Né provo orgoglio per aver pagato all’ordine molti zeri per un Visto che il giudice neppure ha guardato. Ma forse questi sono argomenti davvero troppo gretti per essere posti alla base di una decisione di voto………

  23. Luisa Mancini ha detto:

    caro architetto,
    Ho 31 anni, sono laureata da 2 anni e mezzo, e da allora non ho fatto altro che sbattere la testa in studi dove raramente venivo ascoltata e ancora più raramente mi veniva chiesto un parere riguardo un fantomatico dibattito architettonico che ancora sogno di avere . Dietro la frase devi ancora imparare, si cela in Italia un notissimo malcostume, quello di sfruttare menti giovani e capaci, piene di idee e soprattutto volontà di imparare che viene spesso disillusa, come nel mio caso in quanto ancora non ho mai visto un cantiere.
    Questo è un’appello che faccio ai miei colleghi coetanei: NON PERMETTETE CHE VI SFRUTTINO,in nessun modo abbiate sempre la dignità delle vostre idee che hanno un valore enorme e forse senza di esse l’Italia non andrebbe avanti, fatevi pagare sia dai vostri colleghi più anziani sia dai committenti privati, non dimezzate le parcelle, abbiamo solo l’Ordine che ci può tutelare e sempre più somiglia, in tutta Italia, al mercato del pesce; dal maggior urlatore si acquista sempre di più anche se la merce non è freschissima.
    Ai miei colleghi più adulti vorrei dire che non c’è bisogno di scannarsi tra di loro, c’e lavoro per tutti, fate girare l’economia del paese, date voce ai giovani, aiutateli veramente ad entrare nel mondo del lavoro, siate promotori di dibattiti culturali e portate di nuovo l’uomo e le sue necessità al centro della vostra opera. Solo così avrete il mio voto.
    Grazie per la possibilità di far sentire la mia voce!

  24. Sergio Brenna ha detto:

    ARCHITETTURA DELLE CITTA’ O ARCHITETTURA DEGLI ARCHITETTI ?
    In molti sono intervenuti in varie sedi puntualizzando ambiguità e fraintendimenti nel dibattito apertosi con l’appello alla difesa degli architetti italiani negli esiti dei concorsi di architettura il Italia. In effetti il dibattito rischia di essere mal posto e peggio recepito: il problema non è difendere gli architetti italiani dalla concorrenza internazionale. Bisogna però ricordare che vi è una specificità della cultura architettonica italiana sviluppatasi (soprattutto in ambito milanese) già dagli anni sessanta attorno al tema dell’architettura radicata nei caratteri delle città, in contrapposizione al cosiddetto Intenational Style.
    Forse non tutti ricordano le polemiche sulla “ritirata italiana dall’architettura moderna” fomentate da un articolo di Reyner Banham su Architectural Review a partire dalla casa realizzata a Matera da Giancarlo De Carlo e presentata al convegno CIAM di Otterlo nel 1959 dalla delegazione italiana e la sapiente “risposta al custode del frigidaire” che Ernesto Rogers vi contrappose in un editoriale di Casabella-continuità.
    Quella specificità si sviluppoò negli anni Settanta e Ottanta soprattutto nella Facoltà di architettura di Milano da parte degli allievi di Rogers e Bottoni. E che altro diceva in quegli anni il libro in brossura di Aldo Rossi – L’architettura della città -, prima che questi fosse rapito dall’adorazione dei fans nell’empireo del divismo internazionale sostenuto dall’editoria in carta patinata ?
    Era una battaglia di resistenza ad una omologazione imposta da spinte economiche e culturali possenti, cui “un’architettura servile” – per usare la bella espressione coniata di recente da Lodovico Meneghetti – tornava molto più utile per ammantare sotto l’indiscutibile “genialità” dell’architetto inventore di trovate espressive stupefacenti qualunque scelta per qualunque contesto.
    Quella resistenza è stata sempre più emarginata e posta sotto silenzio a partire dagli anno Novanta da una globalizzazione mediatica che è andata di pari passo con quella finanziaria ed economica.
    La pervasiva mondanità di protagonisti ed esegeti dello star-system dell’architettura internazionale (il circo volante dei soliti trenta architetti, come ha ben testimoniato Deyan Sudjic in un suo recente libro recensito da Fulvio Irace sull’inserto domenicale de Il Sole/24 ore del 4 settembre scorso), ne è la coerente ma non incontrastabile conseguenza.
    Certo, chi non vi si adegua viene tacciato di misoneismo, di difesa corporativa, di paura del confronto, di provincialismo: ma siamo in buona compagnia. In fondo è ciò che si rimprovera ai contadini che non vogliono diventare schiavi delle sementi della Monsanto, a Daniel Bové, a chi rivendica un software libero e aperto e produzioni no logo.
    Forse è il momento di rivendicare anche un’architettura “no logo”.
    Ecco, di questo stiamo discutendo: se vogliamo un’architettura delle città o un’architettura degli architetti di un risorgente International Style, disponibile a mettersi al servizio di chi pretende di dettare le scelte progettuali perchè ha i mezzi economici per giustificare, ammantandoli di pretese artistico-espressive, i propri prevalenti interessi di mercato.
    Ben altro, insomma, dalla difesa corporativa degli architetti italiani.

  25. Florindo Fusco ha detto:

    Caro Professore,
    dopo aver letto i suoi articoli e le relative risposte, ho avuto una reazione che reputo significativa e meritevole di attenzione: ho provato la sensazione del vuoto! Non sto parlando della buddhità, intendo solo dire che ho sperimentato l’impossibilità di maturare una qualsiasi idea intelligente. Un problema tuo, mi si dirà in coro, però prima lasciatemi dire. Nessuna opinione si è affacciata alla soglia dell’espressione. Nessuna emozione mi ha fatto vibrare. Nessun solletico intellettuale. Nessuna passione. Ahimè, nessuna memoria.
    Si parla di Bruno Zevi e di Controspazio, dei “lunedì dell’architettura”, del maestro Ridolfi, della dignità di una professione nobile ma decaduta e ci si indigna, giustamente. Purtroppo sull’altro piatto della bilancia ci siamo noi altri: troppo giovani per ricordare ma già sufficientemente anziani per fare zavorra; noi ignoranti; noi dispersi fra il tutto e il nulla; noi sfiancati dai codicilli a piè di pagina di un’infinita biblioteca di Babele; noi che a questo punto dobbiamo ballare; noi troppo lenti, perfino per la politica; noi della massa; insomma noi stragrande maggioranza!
    La questione è molto semplice: una quantità considerevole di architetti “non anziani” (dai veri giovani fino a quelli della mia generazione) è ormai al di fuori di tutto, al di fuori di una cultura che abbiamo abbandonato e che ci ha abbandonati, al di fuori di una vera scuola o di una tradizione, al di fuori sia della “politica” che degli “affari”. La cosa triste è che spesso fingiamo che le cose non stiano proprio così, probabilmente per la vergogna delle nostre indubbie colpe, e allora ci ributtiamo in un dibattito culturale (?) e politico (?) che utilizziamo anche per coprire l’innegabile verità che stiamo solo cercando di tirare avanti.
    Il tema sarebbe forse più efficacemente illustrato in poesia, ma senza metrica e rime:
    noi · che · comunque · siccome · l’affitto · lo · dobbiamo · pagare · e · dopo · tanti · anni · di studi · pietosi · e · di · sfruttamento · impietoso · e · di · indifferenza · generale · e · di · “mercato” · marcio · e · stagnante · dell’Inarch · per · forza · non · ce · ne · possiamo · curare · e · che · se · proprio · vogliono · l’edilizia · noi · proprio · quella · gli · dobbiamo · dare · e · scusate · tanto · se · non · siamo · quei · quaranta · o · cinquanta · geni · che · di · tutto · questo · se · ne · possono · fregare · ma · siamo · quegli · altri · 13.950 (a Roma e Provincia) · e · comunque · neanche · l’edilizia · riusciamo · a · fare · e · i · concorsi · vista · l’antifona · non · ce · li · possiamo · più · permettere · e · comunque · non · abbiamo · l’eternità · davanti · e · dobbiamo · pure · combattere · da · soli · contro · i · debitori · “compulsavi” · e · gli · studi · di · settore · e · la · normativa · con · il · trucco · e · la · carenza · di · deontologia · e · gli · uffici · tecnici · “selettivi” · e · i · chiacchieroni · e · gli · avventurieri · e · i · masnadieri · eccetera · e · in · fin · dei · conti · è · pur · vero · che · nessuno · ce · lo · aveva · chiesto · di · metterci · in · mezzo · ma… Ora che ci stiamo, in mezzo, dove ci mettiamo?
    Dicevo, dunque, il vuoto.
    Ridolfi? Vuoto.
    Azione politica? Vuoto.
    Inarch? Vuoto.
    Concorsi? Vuoto.
    Indignazione? Vuoto.
    Dignità?
    Vuoto…

    Con stima,
    Florindo Fusco

  26. alessio lenzarini ha detto:

    ormai collocandomi completamente fuori tema rispetto alla questione degli Ordini (ma non è questo il bello del dibattito su blog?), mi ricollego esplicitamente all’intervento di Sergio Sbrenna, criticamente lucidissimo e ficcante, ma con il palese difetto dell’unilaterismo. La storia di cui Sbrenna parla (la “specificità dell’architettura italiana” a partire dagli anni ’60, la riscoperta del contesto nelle sue varie accezioni storico-morfologico-tipologiche) la conosciamo tutti, anche quelli più giovani che, come me, hanno avuto la fortuna di recepirla e studiarla abbondantemente all’Università e hanno avuto purtroppo anche la sfortuna di vedersela imporre come unica strada progettuale percorribile se non si volevano commettere orrendi peccati e atti impuri.

    E’ una storia che conosciamo tutti, anche perché quella che doveva essere una nuova poetica architettonica ha poi dato suo malgrado frutti malsani che ci attanagliano ancora oggi: l’immobilismo storicista, il culto acritico del centro storico, l’isolamento spocchioso dal dibattito internazionale e, scendendo nell’infimo del burocratico, la legittimazione teorica per l’ingerenza censoria delle commissioni edilizie e lo strapotere delle soprintendenze. Per molti architetti della mia generazione (vado per i 35) è sempre apparso un po’ ambiguo che le imprese di Gardella e Rogers (sommi architetti, non fraintendiamo) ci venissero raccontate come momento di liberazione dalla dittatura culturale modernista, come ribellione ai divieti estetici del purismo e del funzionalismo, posto che a noi proprio quelle imprese e quelle figure venivano additate come exemplum obbligato da seguire e venerare, come strada maestra da cui non bisognava deragliare.

    I nostri professori ci dicevano: “voi sì che siete fortunati, perché potete studiare architettura senza i dogmi del modernismo” ma noi pensavamo: “ok, va bene, ma il nostro dogma è il contestualismo”. Non credo che sia soltanto una questione generazionale, del tipo che ogni generazione vuole inconsciamente uccidere i suoi maestri per potere trovare una propria autonomia. Credo piuttosto che nella “specificità dell’architettura italiana” ci sia sempre stata un’ipocrisia di fondo, latente e diffusa, non tra i grandi architetti ma tra i loro discepoli veri o presunti: l’ipocrisia di volere mascherare per scelta di libertà e diversità quello che sotto sotto non era altro che voglia di una nuova confortante accademia, di una nicchia di certezze facili cui aggrapparsi per paura del foglio bianco, di un bagaglio teorico-metodologico unanimemente condiviso e condivisibile, tale da potersi sentire dalla parte giusta, senza affrontare i dubbi che sempre accompagnano, in arte, la vera libertà e la vera diversità.

    Dico tutto questo perché nei miei anni, ancora abbastanza vicini, di studente ho sempre atteso la ‘calata dalle Alpi’ dei grandi architetti contemporanei, a salvarci dal nostro provinciale immobilismo con le loro idee tutte volte a scandagliare la contemporaneità filosofica e sociale. E ora che studente non sono più, noto con piacere che da diversi anni le cose si stanno muovendo, non solo perché alcuni grandi nomi dello star-system hanno vinto qualche concorso in Italia, ma soprattutto perché le loro idee si sono infiltrate capillarmente nel dibattito italiano e lo stanno lentamente rivitalizzando. E’ ovvio che spesso i grandi nomi possono essere legati a grandi interessi commerciali, che possono essere strumentalizzati come vessillo culturale, così come è ovvio che spesso i grandi nomi sono tali in quanto effimeramente connessi a fenomeni di moda collettiva.

    Ma tutto questo fa e ha sempre fatto parte del gioco. Sta però a noi architetti avere la capacità ciritica di scindere le cose, di capire l’importanza delle idee dietro allo specchietto commerciale, di scorgere indelebili pezzi di storia dell’architettura contemporanea dietro al clamore pubblicitario. Starebbe anche a noi architetti riuscire ad apprezzare la profondità di un pensiero architettonico indipendentemente dal suo grado di somiglianza con il nostro. Perché questa dovrebbe essere, a mia modesta opinione, la vera propensione per la libertà e la diversità. Io ad esempio considero Aldo Rossi uno dei più significativi architetti del ‘900, anche se, per la distanza concettuale che mi divide da lui, sono spesso portato a sentirlo come una sorta di ‘genio del male’, che ha fatto e detto in maniera assolutamente fantastica tutto ciò che io non avrei mai voluto che venisse fatto e detto in architettura: e pertanto sono molto felice che il pensiero di Rossi ci sia stato, come pezzo di storia della cultura umana.

    Ma ci sono molti altri architetti che hanno scritto e stanno ancora scrivendo, con i loro progetti, pezzi di storia della cultura umana. Basterebbe conoscerli e riconoscerli, magari studiarli per capirli a fondo: e basterebbe soprattutto non fermarsi di fronte alla facciata luccicante dello star-system globalizzato mediatico, sforzandosi semplicemente di pensare con la propria testa. Farsi influenzare dalle mode indotte è sicuramente grave sintomo di omologazione, ma ancora di più lo è rifiutare acriticamente tutto ciò che viene assimilato e proposto dalle mode indotte.

    buona giornata a tutti

    arch. Alessio Lenzarini

  27. marco cerase ha detto:

    Egregio professore,
    ritengo che la sua vena polemica, la sua cultura, la sua intelligenza siano degne di miglior causa rispetto al fiancheggiamento di una lista elettorale in un ordine degli architetti di una sperduta provincia come Roma (perchè questo siamo).

    Lei combatte da anni una battaglia di retroguardia che, malgrado le migliori intenzioni, non contribuisce di certo ad avvicinare l’architettura italiana agli standard qualitativi e professionali su cui normalmente si attesta all’estero. E forse questo è uno dei motivi per cui sono straniere le firme che gli amministratori cercano per griffare le nostre città. Niente piagnistei, please.

    Dopo averne sperimentato gli “ottimi” risultati nella politica nazionale, si sta tentando di riproporre anche per la ben più modesta questione delle elezioni di un ordine professionale provinciale la medesima logica di contrapposizione e di difesa dell’interesse particolare.

    Spero che, obliterati con la nuova elezione i fumosi programmi elettorali, qualcuno si occupi dei problemi veri che affliggono gli architetti italiani, e in particolari i giovani architetti di cui, anagraficamente, faccio parte. Come lei ben saprà, i neolaureati si trovano ad affrontare la prospettiva di anni di precariato frustrante e mal pagato (malissimo pagato), in cui a dispetto della migliore preparazione e intelligenza si svolge la non esaltante attività di disegnatori cad negli studi.

    Belle e fresche menti cui non è consentito nemmeno affacciarsi per merito attraverso il tanto decantato metodo dei concorsi, della cui trasparenza mi sia consentito di dubitare.

    Ma che ci vuole fare, in Italia la meritocrazia è avversata a tutti i livelli, perchè in tutti i campi conta più che la capacità personale il blocco di potere che si riesce a dimostrare di avere alle spalle. E forse l’istituzione che più ne patisce attualmente è proprio l’università, e con essa le future leve di architetti.

    Cordialmente

    Marco Cerase

  28. pinello berti ha detto:

    CARO GIORGIO MURATORE, LEGGO SULLA RUBRICA: “LETTERE” DELLA PRESS/LETTER N°35- o3 NOV.05-DI PRESTINENZA:

    CHE RENATO NICOLINI RICORDA A PURINI (QUANTI ANNI FA ? ) PER LA TRIENNALE MILANESE DIRETTA DA FRANCO, CITANDO SOLONE CHE: ” LA CITTA’ E’ FATTA DA CITTADINI”, DUNQUE LA LORO “ENTRY” ERA L’UNICA GIUSTA.

    LORO, “I RIVOLUZIONARI CON LA FELUCA” COME DISSE -PRIMA DI ANDARSENE PER SEMPRE- BRUNO ZEVI, SONO I CITTADINI !

    NON “I SANS PAPIERS”, LAVORANTI PRECARI, MIGRATI CHE INCENDIANO I GHETTI DI PARIS ST.ETIENNE O QUELLI DELLA VAL DI SUSA CHE NON DESIDERANO VENIRE “BY-PASSATI” DALL’ALTA VELOCITA DI GRANDISSIMO IMPATTO AMBIENTALE.

    SIC !!!

    VGBERTI

  29. pinello berti ha detto:

    ERRATA CORRIGE:
    LA RUBRICA ERA ” LA CARTOLINA di renato nicolini.
    e NICOLINI CITA-“PARDON” TEMISTOCLE… prima di SALAMINA.

  30. Pingback: settembre 2005: copertina _ archiwatch at

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