Quando “i bambini diventano adulti” … dal “diario” … al “romanzo” … tra Lenci e Veltroni …

Picture 1

Ruggero Lenci ci ha inviato questa straordinaria testimonianza di cui sentitamente lo ringraziamo con tutta la nostra commossa partecipazione …

“Caro Giorgio,
grazie per le bellissime foto che hai scattato nel parco di Villa Torlonia il 20 marzo 2007, degne del film Blow-Up di Michelangelo Antonioni, nonché per l’enigmatica quanto acuta didascalia che riconosce a Sergio Lenci un ruolo di coraggioso e poliedrico intellettuale: architetto, docente, scrittore. Il libro-romanzo di Walter Veltroni “La scoperta dell’Alba” contiene pagine di straordinaria profondità riguardanti la condizione familiare del suo protagonista, Giovanni Astengo. In esso vengono inoltre formulate chiavi di lettura di atti terroristici a seguito dei quali ancora oggi soffriamo. Nella parte del libro di Veltroni dedicata alla famiglia emerge che i valori della società devono basarsi sulla buona volontà del singolo, reggendo talvolta il peso di un sacrificio anche grande, che a rotazione è necessario dover sopportare in nome della stessa famiglia, della civiltà, dell’umanità. Ma oltre a questi aspetti universali, il libro mi ha colpito per quei riferimenti particolari e per quelle rare coincidenze con le vicende vissute da mio padre che tu, Giorgio, hai immediatamente colto. Anch’egli come il personaggio Tessandori del romanzo di Veltroni era professore alla facoltà di architettura di Roma nonché specialista nella progettazione di istituti detentivi (tra l’altro). Sergio Lenci è stato colpito il 2 maggio 1980 da Prima Linea (aveva 52 anni, la stessa età che ho io oggi, e aveva già realizzato tante sue architetture, per la verità quasi tutte), attentato al quale è sopravvissuto con un proiettile nella nuca fino al 20.3.2001. Veltroni, che a sei anni dalla morte gli ha voluto dedicare un Viale in Villa Torlonia, nel suo libro scrive che il mandante dell’attentato del Prof. Arch. Tessandori proveniva dalla sua stessa facoltà. A pag. 44, per altri versi, scrive: “Dunque la realtà ha scritto una quarta storia, la peggiore.” Con tale frase io intendo che l’animosa ideologia della rivoluzione è in molti casi servita da ombrello per coprire le folli motivazioni delle scelte sulle persone da eliminare (nella scoperta dell’alba Astengo vuole eliminare Tessandori per rivalità personali) motivazioni che in realtà erano, segretamente, “un’altra storia, la peggiore”, rispondente alla logica del massimo sviluppo degli interessi privati, nella quale convergono gelosie, invidie, sete di potere e altro ancora. Più avanti nel romanzo la figlia di Tessandori, Patrizia Tessandori Salvetti, scrive un libro “Il progetto e il sangue” che narra le vicende dell’attentato di suo padre. Nel caso di Sergio Lenci, sopravvissuto all’attentato, il libro “Colpo alla nuca” lo ha potuto scrivere egli stesso (esimendo me e i miei fratelli dal farlo). Le conclusioni del romanzo di Veltroni lasciano aperta una riflessione: coloro i quali hanno sparato, come nel caso della poi divenuta bibliotecaria Laura Giunti, o coloro i quali hanno preso parte a un commando terroristico, sarebbero talvolta stati essi stessi vittime (ma dal dito troppo facile, dico io) di un inganno. Nel romanzo, l’amore della Giunti per il mandante Astengo, i 25 anni di carcere da ella espiati (anni che però, fuori dal romanzo, sono stati in media intorno alla metà), la beffa subita dalla Giunti, la probabile sofferenza, chissà dove, dell’Astengo mandante, tutto questo “lungo percorso del proiettile”, avrebbe provocato le lacerazioni di una società di feriti che oggi, secondo Veltroni, deve scoprire l’alba. Verso la fine del romanzo Patrizia Tessandori Salvetti non sa che in quel momento, mentre è seduta a un bar del centro, ha di fronte a sé e sta parlando con il figlio del mandante dell’assassinio di suo padre. Né Giovanni Astengo, il protagonista del romanzo, sa ancora di esserlo. Che situazione, che architettura incredibile. Mi diceva Sergio che una delle conquiste della civiltà consiste nel fatto che le responsabilità dei padri non ricadano sui figli. Chissà se nell’epilogo, non scritto, del romanzo di Veltroni sarebbero ipotizzabili altri incontri tra Patrizia e Giovanni, una volta che uno di essi diventi consapevole dei fatti. Che tema difficile, forse un altro e diverso tema rispetto a quelli centrali di “La scoperta dell’alba”. Un tentativo pregevole espresso nell’unica forma consentita dai dati posseduti, quella del romanzo, di ricucire il tessuto lacerato di una società, di aprire interrogativi, di interagire con la vita dei protagonisti, di concepire storie non chiuse. L’architettura del romanzo di Walter Veltroni è un’architettura aperta nella quale, il testo scritto interagisce con la realtà. A mio avviso l’autore ne è cosciente al punto che, mentre scrive, intravede gli avvenimenti futuri che entreranno a far parte della realtà vera. In una parola scrive un testo in modo sentito, ancorché un romanzo, ma selezionando gli argomenti tra quelli che descrivono storie dense di significato e cercando di dare ad esse un seguito nella vita. Progetto e realizzazione, quindi. E’ un “architetto” anche lui, come d’altronde sua moglie, che non solo progetta ma che dà seguito costruttivo alle proprie idee. Mio padre nel 1987 con il diario “Colpo alla Nuca” ha scritto invece il resoconto di una storia vissuta, un memoriale con il quale ha vinto il primo premio della terza edizione del concorso letterario “Pieve Santo Stefano” (Arezzo), oggi parte dell’archivio di Pieve Santo Stefano considerato dall’Unione Europea come Istituto pilota più importante d’Europa per la memoria storica collettiva. In commissione, tra gli altri membri, figuravano Tina Anselmi, Nuccio Fava, Natalia Ginzburg, Miriam Mafai, Paolo Spriano, Corrado Stajano, Saverio Tutino. Ma Sergio Lenci è stato in primo luogo un sensibile architetto. Nel 2001 è stato insignito dell’Honorary Fellowship da parte dell’American Institute of Architects. I progettisti romani che hanno avuto tale riconoscimento sono stati: Pier Luigi Nervi (1957), Luigi Moretti (1964), Bruno Zevi (1968), Carlo Aymonino (2000), Sergio Lenci (2001), Massimiliano Fuksas (2002), Paolo Portoghesi (2002). In un altro libro, quello che raccoglie le sue architetture (2000), egli ha scritto una frase conclusiva bellissima: “Ogni volta che ho affrontato un tema di edilizia residenziale o scolastica, di progettazione di parchi o giardini, o anche in altri temi concorsuali e non, ho pensato ai bambini come destinatari del bene nel suo insieme, la città. I bambini, come coloro che dovrebbero gioire degli spazi, dei colori, della natura. I bambini diventano adulti e, a volte, cambiano, ma vi saranno sempre nuovi bambini.”
Grazie Giorgio per l’ospitalità e la cortese acutezza.
Ruggero”

Questa voce è stata pubblicata in Architettura. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.