Nikos … frattali e puntarelle …

nikos1Nikos Salingaros a Roma …
Interviste, incontri con stampa, politici, politicanti e accademici, seminari, cene, conferenze, tutto un vortice mediatico attorno all’atteso guru che, dal Texas, ci porta il verbo salvifico per la città del futuro …
Effettivamente, il personaggio è accattivante, un “simpaticone” che si impone al primo approccio e che, già a prima vista, sembra di conoscere “da sempre”, personalmente, poi, non posso che ringraziarlo avendomi appena ospitato un pezzullo sul grattacielo, che già fece incazzare fino agli insulti quelli di Skyscrapercity, sul suo ultimo libro, appena pubblicato in Italia: “No alle archistar. Il manifesto contro le avanguardie”, edito da Libreria Editrice Fiorentina …

Anche qui nulla da eccepire titolo perfetto …
la cosa giusta al momento giusto …
una serie di cose normali e molto spesso condivisibili …

Ma … sfogliando il volume e ascoltando il maestro questa mattina nell’aula magna di Valle Giulia dove di cazzate in questi ultimi quarantacinque anni ne abbiamo già potute ascoltare parecchie …

siamo rimasti letteralmente basiti …

un cacciaballe da formula uno …
Ma chi l’ha sciolto questo, sia pur simpatico, energumeno che colla scusa di fare il matematico e il filosofo spara minchiate a destra e a manca manco fosse un Kalaschnikov impazzito …

raffiche di parole vuote e in libertà e, per di più, … nel nome della “Scienza” e della “Rivoluzione” …
per rifare il mondo …
eccolo qua il Ché Guevara del frattale che fa impazzire gli ex fascisti colla fissa città tradizionale, dell’arco di Libera e della creatività littoria … e che, ogni tre per due, je pagano puro er viaggio a spese nostre … dar Texxsasse a la Marana e ritorno …
Caro Nikos ma chi te l’ha ‘mparate tutte quelle fregnacce sull’architettura?
Essere paraculi è un conto, … ma è sempre bene non esagerare …
Evidentemente … mala tempora currunt … se tanto spazio viene dato a tanto scarsi contenuti …

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35 risposte a Nikos … frattali e puntarelle …

  1. Cristiano Cossu ha detto:

    …Non è bello dirlo, lo so, e mi scusi Professore, ma… “l’avevo detto”, anzi scritto… E continuerò a scriverlo recensendo il suo libro dal titolo altisonante “Theory of architecture”.
    saluti
    c

  2. Prof. Muratore,
    anche se lei non risponde alle mie domande (qui il link —> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/10/0071-oltre-il-senso-del-luogo.html).
    Condivido il suo modo colorito transregionale dal cazzaro al minchiataro.
    E mi chiedo c’è proprio bisogno di esaltare il nulla frattale come la soluzione di tutti i mali della città? Non abbiamo altri ben più complessi problemi da trattare.
    Il primo riequilibrare il potere delle costruzioni regolato e normato dal gruppo ANCE.
    In quale salotto buono si fa architettura?
    Gli architetti ‘IN’ e gli ‘accademici’ sembrano amare il buon vino e qualche taralluccio dimenticandosi di reagire. L’inanità è colpevole.
    Occorre chiedersi chi detiene il potere del cemento?
    Una domanda che le nostre riviste da happy hours non si pongono.
    Ma è il punto di partenza per rintonare a fare architettura.
    Un’architettura più aperta e spero libero dalle caste degli accidiosi.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino

  3. giancarlo galassi ha detto:

    Una conferenza nell’Aula Magna di Valle Giulia per presentare gli universali, naturali anti-autoreferenziali e anti-archistar fondamenti matematici delle esperienze neo-tradizionaliste del New-Urbanism basate su pattern geometrici che usano la serie di Fibonacci (anzi una ‘Fibonacci trasformata’ togliendo una cifra sì e una no, chissà perché? forse in modo autoreferenziale?) e sui soliti frattali che vanno dal cavolfiore al tappeto di triangoli di Sierpinski e, per Salingaros,radicati in modo innato forse nel DNA dell’uomo sulla base della biofilia di Wilson, la stessa su cui si fondano anche alcune preoccupanti derive razziste.

    Una relazione confrontabile a una rappresentazione del teatro dell’assurdo durante la quale era difficile, impossibile, una disperazione, vi assicuro, trattenere le risate sarcastiche e non passare da incorreggibili maleducati a pochi metri dall’illustrissimo Professore della University of Texas per la impressionante concentrazione di ovvietà, nemmeno scusabili per scarsa padronanza della lingua perché ahilui! se le era sottotitolate sullo schermo con un Power Point. Una teoria spacciata come verbo scientifico R-I-V-O-L-U-Z-I-O-N-A-R-I-O: più volte ha fatto intendere di sentirsi nel settore alla stregua di un novello Che Guevara (sì proprio quello di “Hasta la victoria siempre”), un ‘intellettuale’ capace di indispettire i poteri forti con le proprie straordinarie idee come un Marco Travaglio dell’architettura (altro fantasma evocato spesso).

    A pensare bene, a non essere troppo cattivi, la banalità della comunicazione era, forse, da attribuirsi al fatto di essere soprattuto preparata per ignari studenti del primo anno di Università, ma il livello era da Applicazioni Tecniche da Scuola Media inferiore!

    L’incipit è stato alla Ionesco de ‘La cantatrice calva’ in cui Salingaros arrancava cercando algoritmi dimensionali in giro per l’aula magna e non trovandone abbastanza, ovviamente, malediceva quell’incolto archistaretto di arredatore, per arrivare a un epilogo all’ ‘Aspettando Godot’ in cui i nostri professori, risparmio i nomi, gliene dicevano molto educatamente di tutti i colori dopo un cappello encomiastico spesso troppo elaborato perché l’oratore fosse in grado di venirne a capo e infatti il suo sguardo, dopo gli elogi, restava un po’ perso nel vuoto.

    Come ha detto qualcuno, grande rispetto per l’uomo che comunica simpatia per la sua sincera ingenuità nel credere nella propria ricerca, ma grande rammarico per il tempo perso ad ascoltare una teoria di scarso spessore e originalità che lui stesso ha definito in corso di verifica sperimentale in architettura e che verrà abbandonata (sic!) nel caso la sperimentazione non funzionasse.

    Ma la sperimentazione implica l’incarico a Robert Stern (unico architetto citato su insistente sollecitazione di qualcuno) della costruzione new-urbanism di Fibonaccilandia e di Infrattalonia?

    Dio ce ne scampi. E, comunque: “Hasta la victoria siempre”. :-)

  4. a.amelio ha detto:

    La stimo

  5. salvatore digennaro ha detto:

    assomiglia un pò a Nixon…o no?
    forse il suo vero nome è Nixon Salingaros (battuta!)
    Complimenti ai post di muratore, sono sempre esilaranti.

  6. pasquale cerullo ha detto:

    Purini gli fa una foto con il cellulare, come fanno i fans con i vip. Ma anche chi stava dall’altra parte non è stato da meno, la fotina della ripresa, per documentazione, ok. E lui, Salin., ha scattato foto?

  7. concordo sul giudizio di Salingaros, capisco che sia stato invitato al CESAR (associazione di Rampelli), ma chi lo ha invitato a Valle Giulia ?
    forse il neo vice preside Purini ?

  8. Protopiro ha detto:

    Facile la risposta: uno dei tanti regali fatti a Valle Giulia da Franco Purini. Complimenti al nuovo vicepreside e alla sua idea di “cultura” e “internazionalizzazione”.

  9. M. N. ha detto:

    Caro Professore, ma su quale argomentazione si fonda la sua critica? Sinceramente non l’ho capito.
    Saluti
    N.

  10. L.L. ha detto:

    Dove sono le ricerche che vengono fatte dai nostri professoroni di Vallegiulia?
    Dove è possibile leggere e magari criticare nero su bianco qualcosa che abbiano scritto per lo meno in italiano e non in romanesco?
    Sicuramente il prof. Muratore avrà una cultura incommensurabile, ma cosa insegnate a Vallegiulia a parte il programma del corso? Perchè avete pagato il viaggio ad un prof. americano per poi offenderlo invece di avviare un dibattito? Non era forse una lezione di un Corso di Laurea?Mi chiedo a cosa serva il vostro stipendio allora!
    Forse Salingaros avrà pensato che soltanto una parte delle sue ricerche come quella che ha spiegato sarebbe stata comprensibile in una università italiana.
    Forse ci siamo soltanto fatti prendere in giro da un prof. arrivato dal Texas.

    Le autocelebrazioni sono la vera ricerca intellettuale in cui i professori italiani possono primeggiare!

    • N. ha detto:

      “Dove è possibile leggere e magari criticare nero su bianco qualcosa che abbiano scritto per lo meno in italiano e non in romanesco?”

      Parole sante. Non trovo nessuna argomentazione critica nel post di Muratore, solo una spiacevole presa in giro, in romanesco poi.

      mah…

  11. Nikos Salingaros ha detto:

    Ciao Professore!

    Era un piacere vederle a Roma.

    Vorrei chiarificare una cosa, però: la Fondazione CESAR non ha mai pagato i miei viaggi transatlantici in Italia. Dunque, la sua accusa — “gli ex fascisti colla fissa città tradizionale, dell’arco di Libera e della creatività littoria … e che, ogni tre per due, je pagano puro er viaggio a spese nostre … dar Texxsasse a la Marana e ritorno” — è erronea quanto inelegante con questi grezzi riferimenti politici. Non ho ricevuto nessun onorario per le mie conferenze all’EUR (ospitato due notte in albergo, sì).

    Anche la conferenza nell’Aula Magna di Valle Giulia dove lei ha assistito l’ho fatta pro bono.

    Cari saluti da San Antonio,
    Nikos

  12. paolo di caterina ha detto:

    Salingaros? è la conseguenza, logica, di una architettura che, da anni, è nelle mani di cattivi professionisti e, sopratutto, di deleteri maestri…… dei quali però mai nessuno si è lamentato; presentandoceli, per contro, come l’epifania di nuova era!
    ;)
    peccato che, qui, non compare l’ammiccante faccina che usa mio figlio su msn!!!!!

  13. francescolabalia ha detto:

    Va bene tutto, in nome del rispetto per l’opinione altrui, ma ragionando semplicemente su ciò che si è detto..
    La ridicolizzazione del Modulor, delle “banali” proporzioni auree, del Seagram Building, gli incauti paragoni tra la costruzione della città araba e le modalità generative delle favelas terzomondiste, i riferimenti a Robert Stern e a New Urbanism, la denigrazione dell’arte astratta..
    E poi progettazione e problemi di contesto ridotti a traduzioni matematiche, attraverso sequenze arbitrariamente smontate e rimescolate che sono intenzionali quanto la facciata libera di LC o il 5\3 di Mies.. le riduzioni semplicistiche delle proporzioni nell’architettura classica ed islamica a questioni algoritmiche, quando a mio avviso, non sono nient’altro che conferma di quella magia del numero, e di quella simbolica “citazione della matematica” tanto sottovalutata da Salingaros..
    D’altra parte, in una cornice in cui il testo di Alexander viene incautamente rinominato “A partner language”, quasi fosse un libro sui problemi sessuali della coppia.. perché non stare a sentire, tanto è un pezzo che i problemi dell’architettura non si risolvono più con l’architettura..
    Va bene tutto. Aspettiamo fiduciosi la fine della progettazione architettonica classica e degli architetti (questi egocentrici snob), sancita da una partita a scacchi tra il Deep Junior di Salingaros e un nostro esponente di punta, in grado, al meglio delle 5, con una composizione frattale di superare millenni di stronzate e di edifici “poco scalari”, dalle piramidi alla Tourette.
    Frattali e frattaglie, questo ci meritiamo.

  14. claudio marsilio ha detto:

    Egregio professore,
    su Salingaros e la sua arte provocatoria, ne abbiamo discusso a lungo, e sul suo sito c’è addirittura un mio intervento in cui lo definivo romanescamente “un simpatico cazzaro”; le sue teorie sono però necessarie ad aprire un dibattito sulle distorsioni evidenti di certa architettura contemporanea, come infatti puntualmente avviene ogni qualvolta parla in conferenza o ne scrive.
    Trovo però da parte sua del tutto inelegante e fuori luogo ridurre il lavoro – da cui si può naturalmente prendere le distanze e criticare confutandone le posizioni culturali – dell’Associazione CESAR a quello di “ex-fascisti colla fissa dell’architettura tradizionale, dell’arco di Libera e della creatività littoria”.
    Questo sarcasmo da osteria non solo non le si addice, ma puzza “de rosico”, come si dice a Roma e per risponderle con lo stesso tono con cui scrive.
    Bollare con etichette politiche dal chiaro sapore censorio coloro i quali svolgono un lavoro che sarebbe piaciuto a NOI svolgere, con risultati che a NOI dispiacciono, ricorda – oltre che un atteggiamento meschino – un trito modus operandi tipico d’una certa ideologia comunista dalla quale – pare – lei non riesce del tutto a distaccarsi.
    Non si entra nel merito di ciò che l’interlocutore dice, del fatto che abbia più o meno ragione, ma si tace con l’accusa più bieca che gli si possa fare: fascista, o ex ( tanto è uguale! ), oppure “nazista ed antisemita” come ebbe a dire “felicemente” un altro suo sodale in altra pubblica riunione organizzata a confutazione d’una splendida mostra tenutasi a Latina sotto l’egida della Regione Lazio.
    Sull’arco di Libera e sull’opportunità di costruirlo c’è un fiorente dibattito professionale e culturale, innescato -oltre che da Rampelli sul piano politico- dall’architetto Rudy Ricciotti sul piano culturale; lei, nello stile che la contraddistingue, l’ha bollato subito come “Godzilla”.
    Complimenti.
    A questo s’è ridotta la ex-più autorevole fonte della Critica dell’Architettura Contemporanea dell’Università di Roma: a vomitare insulti, ruttare sentenze, infangare i colleghi ed i propri ex-allievi.
    Tutto questo dall’alto di una posizione autoreferenziale, che ormai interessa solo gli accaniti sostenitori del suo blog ed i detrattori della carta stampata.
    “Romanamente”, la saluto.

    Claudio Marsilio, architetto.

  15. memmo54 ha detto:

    Purtroppo se si vuole iniziare un discorso “perlomeno sensato” bisogna mettere da parte quello che pensano gli architetti: specie se sono parte in causa nel caos e nella confusione.
    Meglio ascoltare desiderata, necessità financo opinioni di minuti abitanti; meglio ascoltare i filosofi del linguaggio , meglio ascoltare “addirittura” i sociologhi; matematici, fisici, chimici, macchinisti e linotipisti, piuttosto che perdere tempo dietro la prosa fiorita e stucchevole dei panegirici dedicati i cultori del “…attenzione alla grande dimensione urbanistica che non trova corrispettivi nel contesto romano e, insieme, un’attenzione, consapevole, al dettaglio tecnologico che tocca le più piccole scale senza scadere in artificiose leziosità decorative mentre l’articolazione dei grandi volumi terziari trova modo di alleggerire le grandi masse che si sfrangiano avvolgendosi nelle spire delle scale di emergenza capaci di affermarsi come protagoniste nel disegno dell’intero insieme.”
    Peccato si tratti, per chi non lo sa , di smisurati scatoloni di c.a. addobbati da esili infissi rossi e non delle “case popolari” di Garbatella o di Trionfale realizzate dallo stesso ICP.
    Meglio ricominciare da capo. Questa prosa, confusa per critica architettonica, pur troppo (…per i giovani…) non lo è affatto.
    Trattasi semplicemente di copertura ideologica a misfatti edilizi cui solo il tempo e l’invenzione portentosa del più famoso degli svedesi, potrà porre rimedio.

  16. P.P. ha detto:

    Se magari volesse, caro Professore, spiegarci in italiano e non in romanesco, in che argomentazioni si fonda la critica a Salingaros, le saremmo tanto grati.

  17. isabella guarini ha detto:

    Non c’ero al match contro le Archistar che si è tenuto sul ring di Valle Giulia, ma immagino la scena. Vedo nelle prime file della Magna Platea virtuale le Archistar dalle lunghe chiome, dalle teste illuminanti, dalle barbe sapienti, nelle seconde le Star/tettura nostrane, in fondo e sul loggione le lucine intermittenti degli apprendisti. Le aspettative al grido di “no archistar|” sono di successo ma improvvisamente il match s’involve e il guantone virtuale di Archiwatch colpisce in faccia l’Anti-archistar. Splash! Ora le lunghe chiome ondeggiano e le teste illuminanti brillano di nuova luce, mentre gorgoglii di “erre mosce” escono dalle barbe sapienti. La scena cambia e nella confusione le file della Magna Platea si mescolano, quelli delle prime salgono trionfanti sul proscenio, le seconde occupano velocemente le prime, mentre le lucine a intermittenza degli apprendisti restano nel fondo e sul loggione. Così finisce il match Muratore/Salingaros, all’ombra dell’Arco di Trionfo Libera/tore, mai costruito nella architectural promenade del razionalismo italiano in Roma.

  18. Pietro Pagliardini ha detto:

    Io non ero presente alla lezione e non so quindi come sia stato affrontato l’argomento “serie di Fibonacci”.
    So però che non ho mai sentito alzarsi voci scandalizzate per la sezione aurea, per il modulor di LC, per la prospettiva, ecc.
    Ma Fibonacci no, Fibonacci indigna. Chissà perchè?
    Questo testo che segue è tratto da Wikipedia, voce Fibonacci:
    “Per motivi legati allo sviluppo dei fiori, il numero di petali di molti di essi è un numero di Fibonacci. Per esempio il giglio ha 3 petali, i ranuncoli ne hanno 5, la cicoria 21, la margherita spesso 34 o 55; la testa dei girasoli è costituita da due serie di spirali, una in un senso ed una in un altro. Il numero di spirali di senso diverso differisce per 21 e 34, 34 e 55, 55 e 89, o 89 e 144 semi e lo stesso avviene per le pigne, per le conchiglie, per l’ananas.

    Il nostro cervello ha una particolare attitudine a riconoscere nelle onde sonore la serie di Fibonacci, ed è per questo motivo che nel mondo della musica vi è una forte ricorrenza di questi numeri; basti pensare ad un pianoforte che presenta ottave da otto tasti bianchi e 5 neri che generano quindi 13 note; inoltre la prima, la terza e la quinta creano la base maggiore di tutti gli accordi e tra di loro vi è una separazione di 2 toni. Non è quindi una coincidenza che molti strumenti musicali siano costruiti seguendo le proporzioni della serie di Fibonacci; tant’è che il famoso Stradivari, noto per i suoi proverbiali violini, per il calcolo del foro centrale utilizzò la logica del matematico toscano. (due frasi sopra esposte riguardo al pianoforte e agli accordi musicali sono alquanto forzate, poiché le note musicali sono 12 e nell’ottava una è ripetuta; poi l’affermazione sulla prima, terza e la quinta nota è basata sulla scala maggiore e non sui semitoni, cioè prendendo in considerazione tutte le note del sistema temperato)”.

    Non voglio azzardare ipotesi, ma mi sembra di capire esserci un nesso tra la natura e la serie di Fibonacci ed anche tra il modo in cui reagisce il nostro cervello ad alcune percezioni e la stessa serie. E mi sembra di capire che la cosa ha a che vedere con la proporzione; forse non sarà la Divina Proportione, ma sempre proporzione è.
    Allora, mi ri-domando: perchè frattali no e modulor sì? Perchè Fibonacci no e Divina Proportione sì?
    Sono certo che chi si indigna così tanto per la critica alla proporzione del Seagram (che a me visto da sotto sembra proprio sproporzionato) saprà spiegarci, per filo e per segno, qual’è la relazione che passa tra un edificio progettato con proporzioni basate sulla sezione aurea e la percezione che ne riceve il nostro cervello. E’ vero che si chiama Divina, ma senza scomodare l’Altissimo basterebbe che ci spiegassero il perché neurologico e fisiologico, visto che c’è chi l’ha capito così a fondo da saper discernere e giudicare tra una proporzione e l’altra.
    Grazie
    Pietro

  19. giancarlo galassi ha detto:

    Forse occorre precisare che la critica non è a Fibonacci per Fibonacci, nè al Modulor per il Modulor (che intelligentemente Le Corbusier correggeva spesso in cantiere in maniera molto elastica a differenza dei suoi epigoni nei mediocri esempi pubblicati su “Modulor 2”) ma è alla propaganda ingenua di questo tipo di panacea dell’architettura.

    Da almeno cinquant’anni si è dimostrato, infatti, che una rigidità metafisica di questo genere non trova corrispondenze nella generalità dell’edilizia residenziale storica e, per intenzionalità autoreferenziali di un Architetto che si autoconsidera maiuscolo-munito (proprio quel bel tipo oggetto delle critiche di Salingaros), è rintracciabile in certi casi nell’architettura ‘monumentale’ (il più delle volte non nel suo complesso ma solo in determinate parti: non c’è in pianta ma c’è nell’alzato o viceversa).

    Nella sezione orizzontale effettuata al piano terreno di un intero centro storico riconosciamo sicuramente, in maniera indiscutibile, una modularità dovuta alla ripetizione ‘tipica’ della medesima cellula insediativa riconoscibile dimensionalmente sia nell’edilizia residenziale che nelle campate delle Architetture Monumentali. Ma questa misura non è mai precisa, né legata a un qualsivoglia astratto numero aureo, ma si aggira, e passatemi negli esempi seguenti un approccio legato ai luoghi, tra i circa (i pressappoco, gli approssimativi, i più o meno, i quasi) 4 mt di Genova, i circa 5 mt di Firenze oppure i 6 di Roma (per fermarci all’Italia), misure che dipendono ogni volta dalla complessità epistemologica dell’architettura e dei suoi processi formativi: dalle dimensioni dei lotti di prima edificazione, dai metodi costruttivi ecc.

    In ogni caso ci troviamo di fronte a una complessità mai esoterica e della quale, con un po’ (un bel po’) di applicazione e di studio (di studio dell’architettura non della matematica) si può venire a capo con utili conseguenze anche per il progetto del nuovo.

    Quanto detto più sopra per le piante vale ovviamente anche per gli alzati; la stessa statica delle costruzioni dell’antichità si basava su ben elementari e pratici metodi proporzionali, altro che numeri aurei.

    Insomma, in architettura si lavora non con moduli determinati da una serie matematico scientifica data a priori ma (la definizione non è mia ma mi sembra particolarmente appropriata) con moduli, per così dire, “umanistici”.
    Un caro saluto.

    • Pietro Pagliardini ha detto:

      Gent.mo Galassi, ottima lezione muratoriana, ma parziale.
      Scrive Caniggia, che so lei aver conosciuto e apprezzato:
      “ Al confronto con altri comportamenti non antropici, nel campo della biologia o della struttura della materia, possono notarsi sorprendenti analogie. Riteniamo che ciò non debba stupire poiché l’uomo non è “altra cosa” dal mondo della natura, non ne sta al di fuori: il suo modo di organizzare l’ambiente è sostanzialmente fondato sui medesimi presupposti e sulle medesime leggi che governano i processi biologici unitamente ai processi di progressiva formazione e mutazione della materia. In sostanza , quando l’uomo agisce, si assume il carico di partecipare al sistema di globale divenire di tutta la struttura del reale, quindi è intrinsecamente “naturale” anche quando attua le sue strutturazioni dotate di un alto grado di “artificialità”: lavora sulla materia che esiste, e non può che aderire, anche se non lo sa e non lo vuole, alle leggi formative della natura. Omissis.
      In sintesi la nostra lettura porta alla comprensione di una globale organicità del reale: come parte di questo la realtà edilizia, “spontanea” o “pianificata” che sia ……… è fittamente strutturata, non nasce né si modifica casualmente, ma deriva da una costante evoluzione guidata da un sistema unitario di leggi di formazione e mutazione che costituisce quel che chiamiamo “processo tipologico dell’ambiente”, in tutte le sue possibili e molteplici diramazioni.
      Caratteristica intrinseca a ogni fase di tale processo è la presenza di un sistema di progressive modularità tra ciascuno dei termini scalari, dall’arredo al territorio: così che la partecipazione individuale dell’uomo al suo mondo strutturato è connessa alla molteplicità degli uomini e delle cose mediante una progressione di grandezze crescenti, ciascuna comprensiva e compresa dalle altre”.
      Dunque non le pare che vi siano forti analogie tra le modularità progressive a qualsiasi scala (fino a quella territoriale) e i frattali? Non è bello il nome frattali, è vero, ma a me pare che forniscano, concettualmente, un metodo assai forte per tenere sempre presente la complessità crescente ad ogni passaggio di livello sia in architettura che in urbanistica.
      Sull’applicazione rigida del metodo matematico risolto in formule sono d’accordo con lei, ma non credo che Nikos, per come lo conosco, abbia ridotto tutto a calcoli, se non a titolo di generalizzazione.
      Però mi consenta di insistere su un punto che io ritengo cruciale ed essenziale: tanta acrimonia sarebbe lontanamente ipotizzabile se, per assurdo, venisse a Valle Giulia la buon anima di LC a parlare di Modulor e sezione aurea? Il pignolissimo e metodico orologiaio svizzero sarebbe stato così aspramente criticato oppure osannato?
      Questo mi pare il punto dirimente che in un altro commento Isabella Guarini ha colto con leggera e garbata ironia.
      Analogo dubbio hanno avuto diversi studenti (che ho l’impressione siano stati gioco forza messi a tacere dai signori al tavolo) girando nei blog e anche nei comemnti a questo post:
      http://frustrazioniarchitettoniche.blogspot.com/2009/11/conferenza-valle-giulia-di-nikos.html
      Io sono convinto che Salìngaros abbia una notevole forza provocatoria capace di insinuare dubbi su tutto ciò che viene loro trasmesso, se non inculcato. E a me sembra un aspetto fortemente positivo nell’ambito di una cultura stagnante che converrà, lei muratoriano, a giudicare dai risultati diffusi abbia ben poco da rivendicare di positivo.
      Concludo osservando che liquidare Salìngaros con quel tono, senza concedersi il minimo di riflessione, significa, paradossalmente, aspettarsi che arrivi un santone con la formula magica che risolve tutto, cioè proprio ciò di cui viene accusato Nikos.
      Cordiali saluti
      Pietro

  20. Cristiano Cossu ha detto:

    Giancarlo, non avrei saputo dirlo meglio…
    ciao
    c

  21. aldofree ha detto:

    ricordi (ormai confusi) universitari: le griglie, le serie e i tanti annessi e connessi da usarsi come strumenti di controllo della progettazione, come MEZZI e mai come FINI. (anche Scarpa usava in modo magistrale serie numeriche casuali, a volte corrispondenti al numero di lettere di nome e cognome del committente dell’opera, ma il risultato è quanto di meno rigido o irregimentato si possa immaginare – almeno credo!).

  22. salvatore digennaro ha detto:

    d’accordo con Galassi…

  23. Franco Purini ha detto:

    Caro Giorgio,
    ho letto con attenzione i numerosi commenti che ti sono pervenuti sull’intervento di Nikos Salingaros a Valle Giulia, che mi fa piacere abbia suscitato tanto interesse. Presenze come la sua onorano la nostra Facoltà al di là delle polemiche che possono suscitare, peraltro sempre utili. Il discorso che egli ha svolto concerne un fenomeno incontestabile, e per molti versi drammatico, ovvero la perdita di senso e di finalità dello spazio pubblico. Perchè questo sia tale occorre che abbia una struttura gerarchizzata, che sia misurato, che disponga di riferimenti certi, che presenti una organica alternanza di continuità e di discontinuità, che si articoli secondo scale riconoscibili, corrispondenti a precise modalità di lettura. Qualità che lo rendono comprensibile, accogliente, sicuro, capace di esprimere le valenze collettive della città. Se ciò non avviene lo spazio pubblico – e lo spazio in genere – diviene indeterminato ed ermetico causando alienazione, disorientamento, disagio e pericolo. Per Salingaros la matematica, e in particolare quella frattale, può fornire elementi per ripensare lo spazio in termini teorici e operativi nuovi. In ogni modo, al di là delle sue personali visioni su come risolverlo, il problema che egli pone è serio ed urgente. Esso è stato espresso nella sua conferenza in modo esemplare. Si può essere d’accordo con lui su come ricostruire un autentico spazio pubblico o dissentire su quanto propone formulando alternative. Rimane il fatto che la sua diagnosi sull’architettura contemporanea è di estrema precisione. Tanto per essere chiaro io condivido largamente le sue analisi, ma ritengo che le risposte alle questioni di cui egli parla vadano trovate nella modernità, e non fuori di essa, come avviene con le tesi mimetiche ed elitarie presenti nello storicismo del “New Urbanism”. Occorre “correggere” Le Corbusier e Mies, non dimenticarli. Un’ultima cosa. Sarebbe un grave errore lasciare che solo la destra ascolti Salingaros. Anche la sinistra dovrebbe farsi carico al più presto, dal suo punto di vista, di quanto egli da tempo sta dicendo.
    Saluti cordialissimi

    Franco Purini

  24. salvatore digennaro ha detto:

    Egregio prof. Purini, mi permetto di fare una considerazione:
    probabilmente la cosa più interessante, che Lei condivide, delle affermazioni di Salingaros è l’analisi precisa sulla condizione attuale dell’architettura.
    Bene, ma non le sembra che questa analisi sia stata già fatta da altri prima di lui e che ogni tanto, sistematicamente, si sente l’esigenza di fare il punto della situazione?
    La difficoltà sta proprio nel dare delle risposte (interessanti) al problema posto.

  25. isabella guarini ha detto:

    Che cosa direbbe un Tricheco vedendosi riflesso in un Museo d’arte contemporanea? Il tricheco, data la sua mole, ha pochi nemici: l’orso polare, dal quale si difende utilizzando le zanne, l’orca, alla quale può sfuggire andando verso la terraferma,ma il peggiore nemico è l’uomo, poiché non è in grado di difendersi dalle armi dei cacciatori. Ecco il tricheco non può difendersi dagli esseri umani che lo trasformano in cemento per fini contemporanei. Altri animali potrebbero chiedersi del perché siano trasformati in cemento da abitare da cui non possono difendersi. Scherzo, è un cartoon! Ma la realtà non è molto diversa. Si tratta di architetture da esposizione, non definibili effimere perché sono inamovibili e pesanti, ma di “instant architetcture”. Ossia di quelle architetture senza tempo presente, dell’istante del tempo reale. È l’architettura senza spazio vissuto come sistema di relazioni, in cui si polverizza lo spazio-tempo. Tolto il presente come durata vissuta, l’intera struttura temporale sparisce e con essa l’identità spirituale della persona. L'”instant architecture” è la rappresentazione dell”esistenza disorganica del tempo reale, in cui è negato lo spazio di relazione, la città fatta di strade e piazze attraversata dalla corporeità e dal desiderio di entrare in contatto con gli altri esseri umani.
    Fronteggiare l’avvento dell’esistenza disorganica è il problema di fondo dell’architettura e dell’urbanistica odierna.

  26. Pietro Pagliardini ha detto:

    Non sono il prof. Purini ma voglio replicare qualcosa a salvatore digennaro che sembra assimilare l’analisi di Salìngaros sulla situazione attuale dell’architettura ad una qualsiasi delle tante che ogni giorno appaiono sui media: evidentemente non ha colto la differenza fondamentale che passa tra queste e quella.
    La critica di Salìngaros all’architettura moderna è radicale, non ammette sfumature o possibilità di mezze misure; è una critica al “sistema”, e quindi ad ogni sua componente, che ha prodotto e consentito questi risultati. Salìngaros non fa “il punto della situazione”, quasi si parlasse di un quotidiano briefing di lavoro, lui fa affermazioni chiare e precise che non consentono, a chi dice di condividerle, di lasciare le cose come stanno ma obbligano a riconsiderare ogni architettura dagli anni venti in poi semplicemente come un errore madornale contro l’uomo da non ripetere. Punto.
    Dice il prof. Purini che “occorre correggere LC e Mies, non dimenticarli”: non sono d’accordo. Se è vero che è impossibile dimenticarli, perché i loro lasciti sono davanti a noi ogni giorno, quando percorriamo una strada in mezzo al niente o passiamo davanti ad edifici che presentano assurde geometrie astratte che nessun cittadino, che non sia laureato in architettura, comprende e tanto meno apprezza, o entriamo in chiese in cui sarebbe più appropriato trovare attrezzi ginnici piuttosto che altari e amboni, è anche impossibile “correggerli”. Quando un progetto è totalmente sbagliato non resta che abbandonarlo.
    Personalmente apprezzo tutto quanto scritto da Purini, compreso il fatto che “Sarebbe un grave errore lasciare che solo la destra ascolti Salingaros”, non perché la destra non sia capace di apprezzare Salìngaros, ma perché se la sinistra ricordasse il suo passato buono, che c’è stato almeno nelle intenzioni del suo popolo, dovrebbe convenire con lui che la città attuale è quanto di più disumano sia mai stato realizzato nella storia urbana dell’umanità.
    Ma LC e Mies non possono che diventare oggetto di studio storico (la storia che studiamo è in fondo prevalentemente storia di errori) e non “maestri” da seguire o imitare.
    Saluti
    Pietro Pagliardini

  27. giancarlo galassi ha detto:

    Copio e incollo e risistemo per l’80% da wiki per stanchezza dovuta a tanti motivi, perdonatemi, ma sono esausto.

    Il senso di analogia in merito alla “natura” in Caniggia non è: “quel procedimento logico con cui si cerca di estendere l’applicabilità di talune proprietà o regole da un caso noto e definito, ad altri casi che presentino aspetti di ragionevole somiglianza” secondo l’interpretazione data più sopra ma è da intendersi nel senso di analogia tra organizzazione logica degli argomenti, analogia con il modo razionale di affrontare i problemi proprio dalle scienze naturali. Il problema è epistemologico non matematico-geometrico: tentare di affrontare la complessità per via di ‘assiomi’ (non è forse la parola adatta) che, analogamente alle discipline scientifiche, da semplici si fanno via via più complessi (es. elementi, strutture, sistemi, organismi ma qui la terminologia si fa specialistica e a me vengono gli stranguglioni).

    Fibonacci, Modulor con Caniggia non c’entrano nulla. Nulla.Nulla.

    Naturalmente si può sempre sentire solo ciò che si vuole sentire.

    E probabilmente l’avrò fatto anch’io durante la conferenza.

    Con Salingaros, per i miei eccessi impulsivi, mi sono già scusato. Cordialmente mi ha sorriso con commiserazione facendo intendere che avevo esagerato. Ora mi scuso anche con chi, facile allo scandalo, probabilmente a ragione, mi ha fischiato in Aula Magna e metaforicamente in questi post.

    Infine pregherei, solo chi ha voglia di farlo, di fare uno sforzo per distinguere il contributo originale di Caniggia da quello di Muratori, per quanto il primo riconosca spesso i suoi debiti al secondo.

    Infine aggiungo che mai avrei studiato Caniggia, personalità investita da una terribile damnatio memoriae fino a pochi anni fa a Valle Giulia, se non avessi imparato al primo anno da Purini l’obbligo di sincerità verso se stessi nella vita come in architettura e nell’arte autenticamente moderne che ci impone di rifiutare banalità e omologazione.

  28. salvatore digennaro ha detto:

    Caro sig. Pagliardini non mi riferisco a dibattiti quotidiani come il nostro, bensì a quei momenti di crisi culturale che ciclicamente si ripetono più o meno ogni due o tre decenni.
    Cmq la mia opinione non cambia, nel senso che la critica radicale di Salingaros non rappresenta nessuna rivelazione e soprattutto non condivido le soluzioni come appunto dimenticare Mies, tra l’altro cosa, secondo me, difficile in quanto in molte opere è più classico di Palladio (o quasi).
    Cordialmente SD

  29. Cristiano Cossu ha detto:

    Ma infatti uno dei “bug” della pseudo-teoria salingarosiana è proprio il debole e infondato manicheismo sul Movimento Moderno, da lui completamente frainteso e non conosciuto nella sua evoluzione storica. “Dimenticare” LC e Mies a me fa ridere come idea operativa per un architetto che si consideri vivente nell’anno 2010 e che si ritenga tale, perchè non è mai esistita una architettura che si sia realizzata seguendo questo schema negativo, nei confronti di nessun tipo di precedente storico. E proprio una poco corposa conoscenza della storia è un altro decisivo punto debole degli studi del Prof. Salìngaros.
    A proposito di destra e sinistra, poi, le affermazioni dello studioso americano sull’architettura del fascismo, presenti nei suoi libri, sono quanto di più superficiale si possa trovare sul mercato. Si vedano gli appunti sparsi qua e la su Giuseppe Terragni, da brivido!
    Ma sono infinite le approssimazioni storiche, critiche, filologiche, architettoniche presenti nei testi del Nostro… e l’unico modo di giustificarle è dire due cose:
    – 1) che siccome “tutto” è sbagliato (del fantomatico moderno) allora è inutile stare a sottilizzare
    – 2) che siccome gli “addetti ai lavori” (gli architetti) sono parte del problema è inutile entrare nel “loro” merito appunto storico, critico, filologico…
    Auguri!
    saluti
    c

  30. bikila 3 ha detto:

    Io aspetto con ansia una controproposta.

  31. Pietro Pagliardini ha detto:

    Cristiano, tu dici che “non è mai esistita una architettura che si sia realizzata seguendo questo schema negativo, nei confronti di nessun tipo di precedente storico”: ma cosa mi sono perso per strada?
    Pianta libera, facciata libera, finestre in lunghezza, terrazza giardino che “surroga l’inutile tetto”, come scrive Zevi, li ho sognati forse? Questo per stare all’architettura; se poi passiamo alla città….inutile ripetere ciò che sai benissimo!
    Davvero non capisco questa tua affermazione!
    Quanto ai tuoi due punti finali, tu sintetizzi molto bene solo la parte terminale e direi tattica del pensiero di Salìngaros, ma trascuri la parte propositiva e sbagli a considerarli come una rozza approssimazione critica perché sono invece due necessità per fare saltare un tavolo pieno di carte truccate e per riprendere la partita regolare da dove è stata bruscamente interrotta.
    Saluti
    Pietro

  32. Cristiano Cossu ha detto:

    —ma cosa mi sono perso per strada?—

    Pietro, siete schematici, anzi “binari”, e chiedete agli altri le risposte che sono nella storia dell’architettura, non nelle opinioni di qualcuno. Le Corbusier, una delle vostre bestie nere, per quanto forse come uomo sia stato un pò stronzo (dicono), o vile e meschino (disse Philip Johnson nel film su Kahn, e se lo disse lui…), in quanto architetto è un caleidoscopio, un universo, è un Picasso della forma e dello spazio (nel senso della varietà e della differenza dei suoi temi). Voi lo riducete a un nazistucolo infettante, e fate un torto non a lui ma all’architettura e alla formazione degli studenti che hanno la sventura di seguirvi o leggervi.
    Per la seconda parte del tuo post, come ogni vero intello snob non posso che rimandarti al mio prossimo pezzo natalizio su Salìngaros :-) e aggiungere: voi volete far saltare un tavolo truccato barando e truccando a vostra volta, per poi sperare di riprendere la partita regolare da dove era stata interrotta: bene. Ma siete sicuri di sapere dove e quando era stata interrotta? No perchè in architettura rimangono delle tracce, e non si riesce facilmente a “ripartire”, si può solo continuare.
    saluti!
    c

  33. Pietro Pagliardini ha detto:

    Cristiano, è inutile continuare a battibeccare: se qualcuno cercasse di rapinarti con un coltello in mano tu gli faresti un discorso sociologico sulla devianza e sulle sue cause, io cercherei di salvare la pelle. Sarò binario, come dici te, ma forse avrei più possibilità di portare a casa il risultato.
    Comunque aspetto il regalo di Natale.
    Sul fatto che restino le tracce non ho avuto mai dubbi, infatti nonostante la volontà di fare tabula rasa del Picasso in forma spaziale (è proprio questo il problema, sai) qualcosa è rimasto che possa aiutare a ricominciare.
    Quel qualcosa che il critico del NYT Ouroussoff chiama, a proposito delle raffinatezze che tu apprezzi, “reliquie architettoniche per studiosi e turisti”. Non ti arrabbiare, Cristiano, ma tu, anche se non te ne rendi conto, stai dalla parte di Ouroussof e sei binario senza saperlo.
    Saluti
    Pietro

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